ORO ALCHEMICO

Pubblicato da Damiano Checchin il

oro alchemico

QUINTA PARTE

Bentornati alla quinta parte dell’articolo sull’oro alchemico per continuare assieme il nostro percorso esoterico.

NICOLAS FLAMEL

Nicolas Flamel nacque attorno al 1300 a Pontoise, nel dipartimento della Val-d’Oise in Francia.

Di origine umile, egli studiò da autodidatta, imparando il latino e parlandolo correttamente.

In seguito alla morte dei genitori si trasferì a Parigi dove esercitò il mestiere di scrivano pubblico, prestando i suoi servizi agli analfabeti e copiando manoscritti.

La gente di corte gli mandava i propri figli e molti di loro, essendo in debito con lui, gli fornivano tutto ciò di cui aveva bisogno per vivere dignitosamente.

IL LIBRO DI ABRAMO

Il Libro di Abramo

Un giorno, nel 1357, “mi cadde tra le mani, per la somma di due fiorini, un libro dorato, molto vecchio, e di grande formato. Non era fatto di carta o di pergamena come gli altri, ma era fatto di sottili scorze di teneri alberelli”.

La copertina era di rame con incise lettere strane che Flamel non seppe leggere.

All’interno di esso sette fascicoli con sette fogli numerati coperti da caratteri latini.

Il settimo fascicolo era “senza scrittura” e recava alcuni dipinti particolari: “una verga e serpenti che si divoravano” , “una croce con crocifisso un serpente” , “un giovane con ali ai calcagni e una bacchetta caducea in mano” , “un grande vecchio con in testa un orologio”.

COSA C’ERA SCRITTO ALL’INTERNO DEL VOLUME?

Sul primo foglio, in grosse lettere maiuscole dorate c’era questa dicitura: “Abramo il Giudeo, principe, sacerdote, levita, astrologo e filosofo, alla gente dei Giudei, per ira di Dio dispersa nelle Gallie, salute”.

Poi iniziavano una serie di esecrazioni contro qualsiasi persona vi gettasse gli occhi che non fosse sacerdote o scriba.

Flamel rimase molto scosso da questi anatemi ma in seguito si disse che, in fondo, lui era proprio uno scriba e avrebbe potuto cercare di studiarne il contenuto.

LO STUDIO DI FLAMEL

Flamel si mise a studiare “notte e giorno”, cercando di penetrare senza successo, il senso delle allegorie.

I suoi ripetuti insuccessi gli causavano “grande tristezza” e fu in quel momento che decise di mostrare il libro segreto alla moglie Pernella, donna colta e benestante.

Pernella se ne innamorò subito: fecero riprodurre alcune figure da appendere in casa, sperando così di attirare l’attenzione di qualche esperto che, soventemente, frequentava la loro dimora.

Un medico di nome Anselmo si offrì di interpretare tali figure ma, le sue spiegazioni, risultavano lunghe e macchinose e Flamel, pur provando a metterle in pratica, disse che i processi estrapolati erano “cattivi e villani”.

Passarono ventun anni perchè si decise, nel 1378, di partire per San Giacomo di Compostela, in Galizia per trovare la giusta interpretazione delle figure “in qualche sinagoga della Spagna”.

GLI INSEGNAMENTI DI MASTRO CANCHES

Sulla via del ritorno Flamel fece la conoscenza di un “medico ebreo di nazionalità” diventato cristiano, “assai dotto in scienze sublimi”, chiamato Mastro Canches.

Flamel gli mostrò le misteriose figure e Canches, entusiasta, gli chiese se sapeva da quale libro fossero state tratte.

Canches spiegò a Flamel il senso delle figure e gli rivelò che aveva acquistato, per caso, un libro preziosissimo, che si credeva definitivamente perduto.

IL LIBRO DI ABRAMO

Decisero allora di tornare insieme in Francia e Mastro Canches continuò a descrivere le figure e i suoi segreti a Flamel: arrivati a Orléans però, Caches si ammalò morendo dopo sette giorni, con grande dispiacere di Flamel che lo fece seppellire nella chiesa di Sainte-Croix.

Ci vollero ancora tre anni di duro lavoro per giungere allo scopo, ma ormai, grazie a Mastro Canches, Flamel conosceva la “chiave” e il successo coronò i suoi sogni.

Avvenne il 17 gennaio, di lunedì, a mezzogiorno circa, in casa mia, unica testimone Parnella, nel 1382” (In realtà il 17 gennaio cadeva di venerdì).

Grazie agli insegnamenti del libro, Flamel convertì mezza libbra di mercurio in argento puro e, il 25 aprile dello stesso anno, trasmutò il mercurio in oro comune. Egli era riuscito a ricreare l’oro alchemico tanto osannato dagli alchimisti dell’epoca.

Si dice che grazie a queste conoscenze e grazie all’oro alchemico creato, fondò quattordici ospedali, costruì tre cappelle, fece donazioni soccorrendo vedove e orfani.

Flamel morì il 22 marzo 1417 e fu seppellito nella chiesa di Saint-Jacques-de-la Boucherie.

UNA LEGGENDA DURATA A LUNGO

Si potrebbe credere che la storia di Flammel si fermi qui. Al contrario: la sua leggenda era solo cominciata.

Già durante la vita dell’alchimista, re Carlo VI, aveva incaricato il referendario reale Cramoisy, di far luce sull’origine della sua fortuna. “Ma – riferisce lo storico francese Pierre Borel – l’inviato del re scoprì che Flamel viveva in grande umiltà”.

Flamel, tuttavia, non nascose all’agente del re la verità e gli diede un po’ della sua polvere filosofale.

In cambio, Cramoisy, lo protesse contro ulteriori indagini del Sovrano.

LE LEGGENDE

Avvenne ben altro dopo la sua morte poiché, la casa di Flamel, dal XVI secolo, divenne preda dei cercatori d’oro.

Nel 1624, padre Pacifico, cappuccino, grande chimico, dopo aver setacciato tutta la casa, trovo urne e vasi pieni di una materia minerale calcinata “in pezzi grossi come nocciole” ma, il tentativo di padre Pacifico per trarne dell’oro non riuscì: tutta la sua scienza e tutta la sua arte fallirono miseramente.

Henri Sauval, avvocato al Parlamento di Parigi e notoriamente poco tenero nei confronti degli alchimisti, racconta che un signore tedesco fece scoperte analoghe in quelle cantine, trovando dei vasi pieni di polvere di proiezione (in alchimia polvere ottenuta triturando la Pietra Filosofale per proiettarla nei metalli vili dopo la loro fusione).

NICOLAS FLAMEL E’ ESISTITO VERAMENTE?

Nonostante il personaggio sia avvolto dal mistero e dalla leggenda, nessuno ha messo in dubbio la sua esistenza.

Anche se il reverendo Villain ha sostenuto, con argomenti poco convincenti, che il racconto del pellegrinaggio a Compostela era del tutto immaginario, l’ermetista contemporaneo Fulcanelli ha creduto di vederci un’allegoria:

Flamel (dove si ritrova “fiamma”) rappresenta il mercurio filosofico, vincitore della pietra. Il suo nome, Nicolas, si può interpretare come “vittorioso della roccia”.

Mastro Canches sarebbe il simbolo dello zolfo e il loro viaggio comune, sarebbe l’amalgama dei due princìpi.

Il processo mentale alchimistico consente di ammettere, allo stesso tempo, la realtà del viaggio e il suo senso iniziatico.

CONCLUSIONI

E’ comunque difficile stabilire la verità, come è poco verosimile che si ritrovi l’oro fabbricato da Flamel.

Si può, a ogni modo, lodare il buon senso dell’ermetista che, saggiamente, seppe non sperperare la sua fortuna in sterili ricerche.

.continua con l’oro alchemico nel rinascimento.


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