IL LINGUAGGIO ALCHEMICO

Pubblicato da Damiano Checchin il

il linguaggio alchemico

Gli alchimisti, attraverso il linguaggio alchemico, giustificano il copioso utilizzo di simboli espressi, dalla necessità di nascondere la dottrina in esso contenuta.

Molti di questi simboli, specialmente nel passato, sono stati presi in prestito dal mondo animale per descrivere, in modo criptico, le relazioni degli elementi e dei componenti alchemici in rapporto alla loro funzione.

L’astrologia è un altro sistema che contribuisce ad alimentare il patrimonio simbolico, sviluppatosi attraverso le corrispondenze di pianeti, divinità e metalli:

Sole/Apollo=Oro

Luna/Diana=Argento

Mercurio=Argento vivo

Venere=Rame

Marte=Ferro

Giove=Stagno

Saturno=Piombo

I segni zodiacali, invece, trovano corrispondenze nelle fasi della Grande Opera e con i periodi dell’anno in cui esse devono svolgersi.

Ricordiamoci che lo zodiaco degli alchimisti descrive minuziosamente le operazioni dell’Opera essenziale ad accompagnare lo studioso nell’ultima fase, detta fase autunnale, poiché ultima stagione dell’anno alchemico dove si colgono i frutti del lavoro svoltosi.

Il linguaggio alchemico si accompagna a peculiari illustrazioni che non hanno mai valore ornamentale. Sono costruite in forma di appendici ai testi, utilizzando una moltitudine di simboli da leggersi come un rebus ove, la chiave di decrittazione, è conosciuta dall’iniziato alla materia.

Un esempio di testo totalmente illustrato è il Motus Liber che, in quindici tavole, descrive il compimento della Grande Opera. In questo libro, un uomo e una donna, sono ritratti mentre lavorano all’interno di un laboratorio davanti all’Anathor e, all’aperto, mentre raccolgono alcuni elementi di difficile classificazione che hanno accompagnato gli studiosi a deduzioni poco convincenti.

Le operazioni sono rappresentate con segni convenzionali, sconosciuti agli albori dell’alchimia, entrati nell’uso corrente dalla metà del XV secolo. È in questo periodo che, i segni, diventarono sempre più numerosi e, le tabelle costituenti i loro significati, divenirono di uso comune nel ‘700.

MITOLOGIA E STORIA SACRA

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Con finezza d’intelletto non comune, gli alchimisti illustrarono la mitologia e la storia sacra attraverso rappresentazioni allegoriche della Grande Opera:

per essere più chiari, prendiamo l’esempio della vicenda biblica del Profeta Elia, rapito in cielo su un carro infuocato, e utilizzata nei libri di alchimia come la personificazione dell’alchimista che ha realizzato il lavoro con la trasmutazione di se stesso.

Un altro esempio, per comprendere meglio il linguaggio alchemico nell’espressione mitologica, e quello di Adamo e della sua creazione: Il racconto biblico è assimilabile all’opera alchemica poiché, come Dio forgia Adamo dal fango, l’alchimista determina la Pietra Filosofale dalla materia iniziale grezza.

Non dimentichiamoci del racconto dei Vangeli ove Cristo, nato dalla Vergine Maria, corrisponde alla Lapis (pietra filosofale) nata dall’acqua mercuriale.

L’interpretazione del mistero cristiano in chiave ermetica è la più alta forma di conoscenza alla quale un ermetista dovrebbe ambire.

L’AURORA CONSURGENS E IL SYMBOLA AUREAE MENSAE

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L’Aurora Consurgens è un capolavoro ermetico in cui, le sacre scritture, divengono il pretesto per esporre parabole che assumono un significato alchemico. Il libro contiene trentotto miniature, attribuite a Tommaso D’Aquino e, tale assegnazione, è dovuta al fatto che non vi siano riferimenti a personaggi a lui posteriori ma ad alchimisti del X e XI secolo.

Lo stile, almeno nella prima parte di quest’opera, è simile a quello usato da Tommaso D’Aquino ove vi è una trattazione sulla Pietra Filosofale, equiparata al Corpo di Cristo.

Nel Symbola Aureae Mensae (1617) l’alchimia è illustrata come messa e, il suo linguaggio, diviene espressione raffinatissima di esempio tra il simbolismo cristiano e quello alchemico.

Il sacerdote che officia davanti all’altare è trasmutato nell’alchimista che lavora davanti all’Anathor: la Pietra Filosofale diviene l’Ostia, fonte di vita eterna e, l’Elisir ottenuto per mezzo della Grande Opera, altro non è che il vino eucaristico.

La trasmutazione del piombo in oro avviene nello stesso modo in cui l’ostia si trasforma nel corpo di Cristo.

LA MITOLOGIA GRECA

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Attuando gli stessi meccanismi, possiamo ricorrere alla mitologia greca per comprendere il linguaggio alchemico.

Teseo, mentre lotta nel labirinto di Cnosso, è alla maniera dell’alchimista che affronta le difficoltà della Grande Opera: difficoltà superabili avendo tra le mani il filo di Arianna, conoscenza segreta per fornire la chiave che ci permette di svolgere il lavoro e uscire indenni dal labirinto della mente.

Dedalo e Icaro, con le loro ali di cera, rappresentano le materie volatili mentre Giasone ci riporta, con le sue vicende, al Vello d’oro.

Il Vello d’oro, il cui possesso ci permette di ottenere l’abbondanza, è la Pietra Filosofale degli Alchimisti: l’alchimista Giasone, partito con la sua nave Argo, è colui il quale percorre la Via Umida e, attraverso innumerevoli fatiche (il viaggio dell’eroe), giunge al perfezionamento dell’Opera.

IL VIAGGIO DELL’EROE

Joseph Campbell

Il viaggio dell’eroe rappresenta lo strumento per dare significato alla propria esistenza ed è un’ulteriore allegoria per comprendere il linguaggio alchemico.

Sulla base degli studi del grande saggista, storico delle religioni e antropologo Joseph Campbell, è stato elaborato uno schema che, attraverso dodici fasi, descrive il viaggio dell’eroe (in questo caso l’alchimista) per giungere al perfezionamento del proprio sé e quindi dell’Opera.

L’eroe (alchimista) che vive nel suo mondo ordinario riceve la chiamata che inizialmente rifiuta ma, istruito da un maestro, vince la sua paura varcando la prima soglia (prima morte) che gli permette di accedere a nuove percezioni. Inizieranno delle prove più complesse per avvicinarlo alla prova centrale (seconda morte). Superata la prova, l’alchimista ottiene l’ambito premio, intraprendendo la via del ritorno affrontando una resurrezione e portando con sé l’Elisir di nuova vita.

Il lettore più attento, introdotto all’arte ermetica, si sarà accorto delle numerose analogie tra il processo alchemico e la storia ivi descritta. Esso potrà approfondire il viaggio dell’eroe in altra sede poiché trattasi di testi già dettagliatamente esposti.

CONCLUSIONI

Il linguaggio alchemico, nella sua storia, ha moltiplicato i suoi strumenti di occultamento al pari della diffusione dei suoi scritti.

I libri di alchimia sono diventati più usuali dopo che, la trasmissione della dottrina orale da maestro ad allievo, si è fatta via via più sporadica.

Possiamo supporre che l’insegnamento e il contatto personale divenirono sempre meno frequenti e ci sia stata la necessità di codificare questo sapere attraverso la scrittura, nascondendone tuttavia le chiavi per decrittarne i testi.

Il lettore ottuso, nonché prototipo del denigratore, avrebbe esclusivamente intravisto delle favolette senza alcuna base scientifica eppure, lo scopo era stato raggiunto: lasciare che Il Sapere si svelasse attraverso uno studio iniziatico e faticoso, per non essere svelato a chi non era in grado di utilizzarlo correttamente.


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